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La melanzana
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La melanzana

Françoise Dubarry, Régine Lorfeuvre-Audabram

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La melanzana

“Ce n’è una, dice mio fratello, in Alphonse Daudet. Il romanzo è Numa Roumestan”. Un personaggio arriva a Parigi. È un pifferaio, un suonatore di piffero. Sua madre lo accompagna. Sono venuti perché Numa Roumestan è un demagogo. Gli ha detto che il pifferaio potrebbe far carriera nella capitale. Ed eccoli a Parigi. Ma la madre, quando fa la spesa, non riesce a dire “melanzana”. Chiede delle merenjanes. Il caviale di melanzane non è un usurpatore ma ciò nonostante non ha né il gusto, né l’aspetto, né il prezzo del caviale vero e proprio. Chiamarlo purè sarebbe stato più appropriato, o confit se lo si voleva più chic. Perché caviale? Perché è buono? Non fatemi ridere... Se accettiamo di chiamarlo così, allora la tapenade sarebbe il caviale di olive. E non ne usciremmo più. Era estate ed ero a casa di mio fratello; mi venne in mente di preparare un gratin al forno con pomodori, pesto, sardine (da utilizzare crude) e delle melanzane. Si incidevano le fette di melanzane stese sul piano di formica con la punta di un coltello, generalmente a forma di piuma, poi le cospargevo di sale. Scolava un liquido scuro. Era il gusto amarognolo che andava via. Poi le friggevo in padella con l’olio, ben sapendo che con questo tipo di cottura le melanzane ne avrebbero bevuto molto. La preparazione della ricetta occupava tutta la cucina per l’intera mattinata. Si offriva il pranzo. Un giorno qualcuno disse: “si ha l’impressione di mangiare l’estate.” Fino a poco tempo fa a Parigi, credo, si chiamavano “aubergines” le vigilesse che davano le multe. Ma è da tanto tempo che le cose sono cambiate. La polizia sceglieva volentieri i propri soprannomi in ambito alimentare... bœuf-carottes (ispettori generali della polizia), maquereau (protettore), poulet (sbirro)... divertitevi a trovarne altri. Ho due fratelli che le preparano “in caton”, come mia madre. Anche mia moglie le prepara così. Ognuno fa le cose a proprio modo. Bisogna appuntarle (o no?) le certezze: occorrono melanzane di stagione e una pentola a fondo spesso. Si aprono quando sono cotte e si cospargono con un trito di aglio e prezzemolo. È un piatto delizioso, molto semplice, ma si sbaglia facilmente. Non ho mai provato. Quanto alla parola “caton”, non si sa niente della sua origine. In senso figurato, indica un uomo rigido, come Catone il Censore. In patois, indica una scottatura. È anche un gatto. Mi va bene tutto. Mi va bene tutto. Joël Jacobi



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